Storia del Comune

Senna Comasco: un Comune, una Storia. Ricerca storica di Francesco Bianchi, testo elaborato dalla Biblioteca Comunale di Cucciago e già pubblicato sul Trimestrale “Il Foglio”.

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Descrizione

Cenni storici
Senna Comasco non presenta sul suo territorio tracce di colonizzazione romana, come invece mostrano i Comuni vicini di Capiamo Intimiano, Cantù (Galliano) e Mariano Comense, sede di pagi, allineati sull’asse viario Mediolanum – Novum Comum che doveva sfiorare parte del territorio di Senna.
Anche un’ipotesi alternativa, avente come direttrice la valle del Severo attraverso Cermenate, Vertemate, Fino Mornasco e Casnate, non l’avrebbe direttamente coinvolta; non sono stati rinvenuti sul territorio reperti romani, salvo un’epigrafe che presenta un illustre personaggio, probabilmente immigrato dalla sabina, appartenente alla tribù Quirina.
Si potrebbe quindi formulare l’ipotesi che, in epoca romana, il territorio di Senna fosse soggetto ad una economia silvo-pastorale estensiva, priva di agglomerati abitativi stabili.
Una conferma indiretta ci viene dagli studi di autori latini come Polibio, Marrone e Stradone, che ricordano l’abbondanza e la bontà di comacinae pernae (prosciutti e lardo), che fornivano vitto per le legioni attestate al nord: secondo tali autori, ciò era possibile per gli estesi querceti e castagneti presenti in zona, che permettevano l’allevamento di un gran numero di maiali allo stato brado.

Tracce sulla formazione della comunità di senna si potrebbero forse ricavare dai toponimi, resti di antichissime migrazioni preromane; l’antico nome Zenate o Senate, con la sua desinenza in –ate, potrebbe essere di origine celtica: una curti Sinna, citata nell’anno 820.
Il toponimo Gaggio, dall’antico germanico Gahage suggerisce la presenza di un’antica curtis longobarda. Era questa un’unità stanziale di guerrieri (arimanni) e dei loro servi, formata da capanne protette da palizzate, circondata da recinti per custodire i cavalli, pascoli per le bestie – fivadia – e boschi messi in bandita per la caccia e per fornirsi di legname, appunto gahage.
Le più antiche notizie storiche della “Cassina de Sena o Zenate” e delle sue frazioni Bassone e Navedano, risalgono alla costituzione dei Corpi Santi.
Con la denominazione di Corpi Santi vengono indicati quei terreni che, con la costituzione dei municipia romani, costituivano i beni del patrimonio collettivo dei cittadini quali Bona iuris rei publicae: erano pascoli e boschi situati interno alla città o sulle montagne che la circondavano. Tali beni furono sempre custoditi dalla comunità quale patrimonio a cui tutti i cittadini, specie i più poveri, potevano ricorrere sia per rifornirsi di legna (legnatico) , sia per nutrire i propri animali (compascuo). Con l’occupazione gotica prima e longobarda poi, tali beni furono espropriati e incamerati dal fisco regio; in seguito, sotto il dominio franco, tali proprietà furono oggetto di donazione alla Chiesa e confluirono nelle mani dei vescovi quando divennero titolari di diritti politici e amministrativi durante l’epoca carolingia (Mensa del Vescovo). I Corpi Santi vennero destinati dai vescovi com’aschi come dotazione ai primi istituti monastici cittadini: l’Abbazia di Sant’Abbondio fondata dal vescovo Alberico nel 1013, quella di San Cristoforo voluta dal vescovo Litigerio nel 1040, infine San Giuliano, fondata dal vescovo Benno nel 1054. Tali territori erano formati da una corona di unità abitative risalenti all’epoca carolingia, i mansi, fattorie concesse in perpetuo a una o più famiglie, ma di proprietà di istituti religiosi.
Le proprietà della Chiesa con la qualifica di Corpi Santi esistevano solamente nelle provincie di Milano, Como, Pavia e Crema.
È questa l’origine del primitivo nucleo di Senna e delle due frazioni di Bassone e Navedano, che risultano già unite al borgo dai documenti amministrativi e fiscali più antichi. Da ricordare che la comunità di Senna dipendeva dalla parrocchia di Intimiano, quella di Navedano dalla parrocchia di Cucciago entrambe in diocesi di Milano e quella del Bassone dalla parrocchia di Albate nella diocesi di Como.

Non ci sono nella storia di Senna molti avvenimenti storici di rilievo: il primo che sfiorò l’abitato, è ricordato nella storia comasca come la battaglia del Monte Goi che si svolse nel 1124 nella lunga guerra tra com’aschi e milanesi. La battaglia prese l’avvio dal voltafaccia dei canturini, che rinnegando l’alleanza con i com’aschi, si erano uniti ai milanesi ed avevano ideato un colpo di mano contro Como con l’intento di arricchirsi con le spoglie di guerra ed assumere più importanza con i nuovi alleati milanesi.

Anche a Senna la proprietà fondiaria risulta per la maggior parte in mano a enti religiosi: nel caso di Senna sembrerebbe che il convento canturino di Santa Maria delle benedettine dell’Ordine Calocerino sia stato il maggior beneficiario. Tale monastero risulta fondato nel 1086; nel 1096 ricevette in dono i primi possedimenti in Senna: delle vigne e due mulini in quel di Navedano.
Ancora nel XVII secolo più di metà del territorio di Senna apparteneva alla suore di S. Maria e la sua estensione superava di gran lunga le proprietà degli altri enti religiosi e dei nobili. Il convento prosperò tranquillamente fino al 1796 quando, con l’arrivo di Bonaparte in Lombardia, l’ordine venne sciolto ed i suoi possedimenti venduti all’incanto.

Dall’archivio di Stato di Como, nel 1730 a Senna le proprietà risultavano così distribuite: o Monache di Santa Maria di Cantù pertiche 2233 o Abbazia di San Giovanni di Vertemate pertiche 65 o Cappella di S. Antonio di Cavedano (amministrata da Brenna Gaetano) pertiche 52 o Prepositura di Cucciago pertiche 22 o Abbazia di S. Abbondio pertiche 22 o Capitolo di S. Fedele pertiche 6 o Cappella di S. Vincenzo di Capiamo pertiche 3 o Famiglia Olginati pertiche 1038 o Conti Pellegrini pertiche 66 o Conti Turconi pertiche 22 o Famiglia Volta pertiche 296 Senna nel primo ottocento , nella descrizione di Carlo Annoni.
“Comune con superficie pertiche 3937, pari a metri quadrati 25.754. Censite per scudi 17.447. Il suolo di Senna per circa metà a levante, è elevato, vi sono viti e prosperosi gelsi, produce frumento e ogni cereale; la parte bassa a ponente è prativa e più a sub è boscata. Il suolo di Navedano è freddo in basso orizzonte, vi sono prati e campi atti alla segale e ai grani minuti, il gelso vi alligna, ma le brine facilmente guastano i prodotti. Il suolo del Bassone è quasi tutto a prati molti dei quali sono sortumosi. Il Conte Senatore Volta migliorò la natura di questo territorio con ingenti spese e anche i Signori Fratelli Argenti, nuovi possessori di Senna, arrecarono a quella tenuta rilevanti miglioramenti in ogni coltura. La terra di questi territori è molto adatta a far concimi; nel tenimento di Senna e principalmente nel bosco del Gaggio e nelle vicinanze di Navedano vi sono quattro fornaci che forniscono buoni mattoni, tegole e pianellette. Nella direzione Sud Nord nei territori di Navedano e del Bassone cammina la strada che mette da Cucciago alla provinciale Canterina da Como. In Navedano se ne diparte un’altra di Senna ven’ha una terza, che dall’Est all’Ovest, attraversa le due strade Vecchia e Nuova Canterina provinciali, viene unirsi alla prima. La vecchia strada provinciale da Como a Canturio passa nel territorio di Senna da Nord a Sud ed ora quella nuova costrutta attraversa pure più in alto il Comune. Le abitazioni sono divise in molti cassinali; in Senna vedansi i ruderi di un vecchio castello che guarda la valle; all’oratorio di Santa Maria vi ha un antichissimo altare di legno intagliato e sulla facciata si vede l’affresco della Cena degli Apostoli, guasto dagli anni e dell’imperizia degli uomini.
La popolazione totale del Comune è di anime 400 tutti contadini, più interessati a contrattare i loro bestiami che esperti nel lavoro della terra. A Senna è aperta una scuola minore elementare maschile, diretta dal parroco di Intimiano. Nel 1824 la delegazione di Como invitò i Comuni di Senna e di Intimiano ad attivare la scuola per le femmine, ma il Convocato, deliberò all’unanimità che la spesa era superflua. Nel verbale risulta che l’adunanza ha proposto che il Comune non abbia da assumersi questa spesa, che riuscirebbe assolutamente inutile, aggiungendo q questo anche la circostanza che essendo le fanciulle atte a frequentare la scuola delle figlie di contadini, non ne interverrebbero alcuna.
 

Curiosità storiche

Il castello (castrum) di Senna
Da castrum di Senna ha origine il toponimo “castello” che indica la parte più bassa verso l’attuale cimitero. Le funzioni di un castello, generalmente, sono quelle di vigilare dall’alto la comunità; come mai questa anomalia?
Il Baserga, monsignore della curia comense, parlando di Casnate afferma che spesso si chiamava castello delle semplici costruzioni di ricovero delle messi (deposito granario), ricetto di animali o anche di uomini che si accampavano vicino al centro abitato; concludeva il suo scritto affermando che mai a Casnate vi era stato un vero castello ma solo un ricovero.
La sua tesi è stata contraddetta dalla pubblicazione, negli anni ottanta, delle carte del monastero di sant’Abbondio in Como che aveva possedimenti in Casnate, dalle quali risulta effettivamente un castello casnatese nella parte storica del villaggio. Per Senna? La parte bassa del paese, dove era ubicato, fa supporre che gli abitanti medioevali temessero l’arrivo di nemici dal basso (dal Bassone) dove correva l’antica strada lungo il Severo, da Milano fino a risalire in piano proprio nella nostra zona.
Forse qui era piazzato un luogo di difesa, un castrum. (in latino significa accampamento fortificato).
Bisogna comunque precisare che lo studioso Carlo Annoni, nel suo libro “Monumenti e fatti politico religiosi del Borgo di Canturio”, a pag. 389, accenna ai ruderi di un vecchio castello; tale toponimo si può tuttavia ipotizzare riferito ad una struttura riguardante avvenimenti più remoti.
Nel 569, i bizantini, arrocati nel comasco al comando del magister militum Francione, avevano conteso per una ventina d’anni ai longobardi il territorio di Como, stabilendo una linea difensiva che potrebbe aver toccato Grandate, la Guzza, Senna, Capiago, e Montorfano (la torre di guardia del castello di Montorfano è sicuramente di costruzione romana); infatti tale località, posta su una modeta ma scoscesa altura circondata dall’alveo della roggia Acquanegra, ha buone possilità di contrasto verso armati provenienti dalla pianura.
Una seconda ipotesi è un recinto fortificato costruito per ripararsi dalle scorrerie degli Ungari che dilagarono nell’Italia settentrionale saccheggiando ovunque dopo aver sconfitto Beregario, marchese del Friuli nel 888. In tale situazione sorsero un gran numero di strutture difensive di modeste pretese tattiche, ma utilissime per proteggere gli abitanti delle piccole comunità rurali, i loro animali e le scorte di viveri dalle razzie: ciò spiegherebbe anche il gran numero di toponimi castello nelle nostre zone.

Le fornaci
Da un inventario dei beni di proprietà del monastero canturino di S. Maria, redatto nel XIV secolo, risulta una fornace , con 43 pertiche di bosco e brughiera, date in uso ad un certo Clarius Grassus. In seguito la stessa fornace viene menzionata in un documento datato 4 marzo 1456, in cui il capitolo del monastero di Santa Maria di Cantù, viene riunito dalla dabessa Maddalena de Guidolis, per approvare un contratto di locazione con Guido De Bellis da Grandola fu Antonio, abitante a Como, parrocchia di S. Donnino foris portam, relativo alla fornace a lateris et cupitu (laterizi e coppi), dirupada (da ristrutturare) con annessi appezzamenti di boschi, in territorio de Cassina de Zenate, distretto di Cantù, in territorio di Avedano, in quel di Cuzago, nella località chiamata ad fornacem Sapeli de Gadio ed ad buschos de Gadio, bosco all’angolo della chiesa di San Pietro e Santa Maria di Senna sino al prato di Navedano ed al prato di un altro massaro del convento, Capelinus de Magino. Il tutto è confinante per tre parti con beni dello stesso monastero e dall’altra con terreni dell’Ospedale di S. Simlpiciano di Milano e della chiesa di S. Paolo di Cantù. La durata del contratto è di nove anni rinnovabili, alle seguenti condizioni: ricostruzione della fornace e a titolo di locazione metà della sua produzione e metà delle relative spese di gestione. Le monache saranno tenute a pagare al conduttore alla fine della locazione, metà delle spese sostenute, spese che saranno valutate da due estimatori amici comuni, la legna usata per la conduzione della fornace veniva pagata totalmente dalle suore con un patto aggiuntivo, il conduttore si impegnava a tagliare il legname per le cotture a sue spese. Con la clausola successiva le monache partecipavano a metà delle spese per la produzione, per l’acquisto del legname, utensili e ferramenta necessari. Con ultimo patto, al conduttore è concessa la facoltà di tenere per sé un ciclo di produzione (una fornaciata) come contributo delle spese di costruzione della sopraccitata fornace. L’atto è redatto davanti ai notai Arnaboldi di Ambrogio e Luigi Elli fu Antonio.

La cascina Bassone
Dopo la riforma carolingia i territori dei Corpi santi erano stati organizzati in grosse fattorie isolate, mansiones, dipendenti da qualche da qualche istituto religioso. Nell’alto Medioevo queste comunità dovevano fornire all’ente religioso, oltre alle decime, anche servizi compresi nel canone d’affitto. Posta sulla via Ninguarda, il centro della cascina è costituito da un tozzo torrione, troncato in epoca più tarda e coperto da un tetto a quattro spioventi, le numerose feritoie e l’unica finestra a tutto sesto la daterebbe al trecento.

Paesi e detti
Il Conte Gian Gabrio Cetti Serbelloni, aveva dato alle stampe, una ventina di anni or sono, un volumetto sulle appellazioni che vengono affibbiate alle singole comunità della provincia comasca.
C’è Cantù con i suoi “majabuscaj” (mobilieri mangiatruccioli), ci sono quelli di Fecchio “leguritt” (svelti come lepri); i “balutitt” di cascina Amata (incantatori a parole in riferimento ai “marusèe” cioè mediatori).
I sennesi sono “asnitt”, (gli “asnitt d’ isenàa”, dall’antico nome del paese , Zenate o Alsenàa, che nel dialetto brianzolo veniva detto “Alsenàa” o “Isenàa”) mentre il Cetti, per Navedano, reca “ranett” e la derivazione sembra quella della geografia del luogo legata alla presenza di corsi d’acqua.

Alessandro Volta e Senna
Il Conte senatore Alessandro Volta possedeva in Senna una fattoria in località Bassone a cui dedicò ingenti spese per il miglioramento idrico ; nella corrispondenza con padre Campi, sulle ricerche sul “gas di palude”, afferma di aver studiato i canneti e di aver cercato fondali torbosi, senza specificare in che luogo. Ma dove vi sono formazioni morbose nella zona di Como, se non tra le paludi del Bassone?
Fu Alessandro Volta a introdurre a Senna Comasco la coltivazione della patata, completamento della dieta povera dei contadini dell’epoca.

La chiesetta di Santa Maria Assunta
La chiesa, documentata dal XIII secolo, apparteneva alle monache Benedettine del Monastero di Santa Maria di Cantù.
Dalle antiche documentazioni era segnalata la presenza di un altare dedicato a San Michele, santo a cui i longobardi erano particolarmente devoti.
La chiesa è a pianta rettangolare, orientata est/ovest e vi è annesso un edificio rurale più recente; ha un campanile a vela, in mattoni, con una sola campana.
La facciata presenta un porticato risalente al Medioevo, probabile rifacimento di un precedente nartece (portico antistante alle chiese, dove i catecumeni potevano seguire le cerimonie sacre senza partecipare), con affreschi in pessimo stato di conservazione. Nella parte superiore si nota la rappresentazione dell’Annunciazione; sul registro inferiore è rappresentata “L’ultima cena”, nella quale Giuda è collocato di fronte a Gesù, sul lato opposto del tavolo: tale rappresentazione è anteriore al XVI secolo.
Sulla lunetta del portale è visibile un’immagine a mezzo busto del Gesù morto ed ai lati figure di santi molto deteriorate. All’interno, la pala lignea dell’altare maggiore mostra un’esecuzione di ottimo livello e probabilmente proviene da un altro edificio religioso delle suore di Santa Maria di Cantù; infatti tale opera non appare nella descrizione della visita pastorale del 1606, che indica al suo posto una tela.
I nodi e la fattura collocano l’esecuzione della pala nel XV secolo, l’attribuzione alla bottega dei fratelli Di Donato, originari di Montorfano e attivi specialmente in Valtellina, mentre la cornice, per il suo stile raffinato, richiama Giacomo Del Maino che operò nello stesso periodo nella fabbrica del Duomo di Como.
La pala rappresenta al centro l’Assunzione della Madonna circondata da fedeli e Apostoli; ai lati le immagini di San Domenico, Sant’Antonio abate, San Giovanni Battista e di una figura di santa non identificata, in lato la colomba dello Spirito Santo.
Le pareti mostrano cicli di affreschi risalenti a epoche diverse e in differente stato di conservazione. Sulla parete destra è una adorazione dei magi, opera minore con riferimenti al Luini e databile al secolo XVI, sulla quale è stata sovrapposta un’immagine della Madonna della Misericordia di epoca più tarda. Sulla parete sinistra vi è una Madonna del Latte, opera anch’essa di arte provinciale e risalente allo stesso periodo; anche questa figura appare sovrapposta a una superficie già ricoperta da affreschi emersi dalla rimozione di uno strato di pittura, che sembrano i più antichi dell’edificio per lo stile arcaico. Nel registro inferiore della parete si intravedono personaggi nudi avvinghiati a figure di colore nerastro, il fondo dipinto mostra tracce rossastre, come la rappresentazione di una scena di dannati; l’iconografia dell’Arcangelo Michele infatti lo identifica come colui che caccia i peccatori all’inferno; suoi attributi sono la bilancia per pesare le colpe e la spada sguainata per cacciare i dannati nell’inferno.

Modalità di accesso:

Non previste.

Indirizzo

Contatti

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Pagina aggiornata il 03/05/2024